sabato 17 settembre 2011

Vegetable G - L'Almanacco Terrestre

La copertina del nuovo lp dei Vegetable G, prodotto da Ala Bianca e distribuito da Warner

Alzi la mano chi non pensa al celeberrimo gioco di società quando gli si parla di Monopoli. Qui, però, non vogliamo parlare del passatempo per giovani capitalisti, bensì di una cittadina posta sull’Adriatico, in provincia di Bari, che porta lo stesso nome. È proprio a Monopoli che, nel 2002, Giorgio Spada e Luciano D’Arienzo, cui in momenti diversi si aggiungeranno Maurizio Indolfi e Michele Stama, formano i Vegetable G. Dopo quattro dischi in inglese, arriva la produzione importante, Ala Bianca, e il dietrofront linguistico: lo scorso maggio la band pubblica l’ep La Filastrocca dei Nove Pianeti, preambolo a L’Almanacco Terrestre. Mi trovo a riflettere proprio sulla parola almanacco la quale mi rimanda, oltre che agli studi astronomici, agli annuari calcistici pubblicati ad ogni fine campionato con statistiche e classifiche individuali: ecco, questo album rappresenta una summa, un compendio dei generi musicali che, nel corso della loro carriera, Giorgio Spada e i Vegetable G hanno attraversato e indagato. Dentro questo lavoro vi è la storia passata, presente e futura del gruppo pugliese. Le sonorità e le melodie si pongono in continuità con la produzione precedente e raggiungono, nel presente, una maturazione completa, grazie ad arrangiamenti molto eleganti e ricercati cui si unisce il contributo dei fiati di Enrico Gabrielli. Le liriche, ora in italiano, segnano invece un’inversione di rotta, marcando il solco, il percorso da seguire negli anni a venire.

La struttura del disco, un concept album di 10 tracce per un totale di 33 minuti che per via del tema e di alcuni tratti musicali ricorda The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars di David Bowie, riflette un’impostazione lineare ed un’evoluzione stilistica ormai proprie di una formazione affiatata e ben assortita. Tra le canzoni che compongono l’opera vegetale spicca Il cielo di Van Gogh, sorta di manifesto che rappresenta una vera e propria dichiarazione di intenti: l’invito ad accendere il razzo nucleare, ossia ad entrare nel mondo dei Vegetable G, è rivolto sia ad un eventuale partner che all’ascoltatore trascinato tra mondi onirici e visionari. Forte è il richiamo ad un certo tipo di produzione battiatiana, su tutti Mondi Lontanissimi, ma vi è, all’interno del disco, qualche eco diffuso della produzione cantautoriale italiana degli ultimi anni. Penso in particolare a La Favola di Adamo ed Eva di Max Gazzè e a Da A ad A di Morgan, artisti mainstream che arrivano a quel grande pubblico cui i Vegetali per capacità, ed ora anche per produzione e distribuzione, possono legittimamente puntare.   
 
[Andrea Polidoro] 

Potete ascoltare l'album in streaming integrale cliccando qui.

mercoledì 14 settembre 2011

Mariposa @ Milano Film Festival 11. 9. 2011





Mi trovo, prima volta nella vita, a Milano. Giorni caldi, umidi, soleggiati: l’ideale per stare in città e avvertire pesantemente la mancanza del mare nostrum. Nonostante il condizionatore ed il campionato, è domenica pomeriggio quindi si va in centro, al Milano Film Festival. Ci sono i Mariposa, non si può di certo mancare. L’orario è quello milanese per eccellenza, l’ora dell’aperitivo. L’ambiente è caloroso e accogliente: il Sagrato, diciamo il cortile, del Teatro Strehler, quartiere Brera, accanto al Castello Sforzesco e a Parco Sempione, a pochi passi dalla sede del Corriere e dalla Pinacoteca, nel cuore pulsante della Città. 

Se il tramonto meneghino illumina e impreziosisce il proscenio, i costumi e le capigliature dei Mariposa rendono tutto colorato e fiabesco. Con grande stile, per dirla a modo loro. Il settetto di musica componibile è al gran completo, volti distesi, tranquilli e sorridenti come sempre. Pterodattili, traccia di apertura del loro ultimo lavoro in studio, Semmai Semiplay, accoglie il numerosissimo pubblico del festival. Pubblico vasto, sì, ma disciplinato, il quale sprofonda nel silenzio quando le tastiere di Gianluca Giusti ed il campionatore di Michele Orvieti prendono vita. Per Alessandro Fiori giunge il momento di togliere le scarpe e dare mostra delle proprie, indiscutibili, capacità canore. Dopo la corsetta del leader carismatico sull’aiuola attigua al palco durante un secondo breve intervallo strumentale che chiude Pterodattili, si prosegue con Santa Gina, Chambre e Tre Mosse. La scelta è quella di seguire, in scaletta, la tracklist dell’album: scelta azzeccatissima poiché le canzoni si susseguono in maniera eccellente e si incastrano alla perfezione una dopo l’altra, perle di un’unica, incantevole, collana. Enrico Gabrielli va altalenandosi magistralmente tra sax, flauto e xilofono, mentre Enzo Cimino alla batteria è un mix di brio ed esplosività. Dopo l’esecuzione quasi integrale di Semmai Semiplay, l’ensemble anima, corpo e mente del riuscitissimo esperimento discografico Trovarobato attinge anche al penultimo omonimo lavoro con Specchio, Zucca e Zia Vienna.

L’ironia e il cabaret non mancano di certo in questa meravigliosa esibizione: nelle battute finali, il bravissimo Valerio Canè offre una esilarante imitazione di Manuel Agnelli che, sul sedile posteriore di un auto, canta Per colpa di chi di Zucchero Fornaciari. Come nella migliore tradizione Mariposa, ci si congeda con la teatrale Tutta Roba Marca con annessa discesa dal palco per il coretto di commiato.

Nella città di Giorgio Gaber, padre emerito del teatro canzone, i Mariposa danno nuovamente dimostrazione, se ce ne fosse stato bisogno, della loro immensa grandezza. Il cantautorato sperimentale della band, legato indiscutibilmente alla forma canzone nostrana, rappresenta una eccezionale anomalia tutta italiana, capace di divertirsi, far divertire e rinnovarsi. Ciò che più colpisce è l’incredibile armonia e concordia che regna sul palco: di eccessivi protagonismi e di irrefrenabili egotismi non vi è traccia alcuna, ciascuno apporta con impegno ed accuratezza il proprio contributo. I Mariposa sono merce rara, sono una band che dovrebbe suonare in giro per le scuole per dare l’esempio a chiunque si voglia avvicinare alla musica, lontano dalla barbarie mediatica.

Mentre rifletto sulle possibilità pedagogiche del progetto nato nella “mia” Bologna dodici anni orsono, vado via felice e soddisfatto, sussurrando evviva, evviva i Mariposa.

[Andrea Polidoro]