martedì 7 febbraio 2012

Le canzoni che migliorano la vita: Sufjan Stevens - All delighted people




Qual è il modo ideale di iniziare una preghiera? Una preghiera è la voce del singolo che affronta un viaggio per arrivare fino alla divinità. Per poter giungere a destinazione deve poggiare sulle esperienze personali e che riguardano l' interazione con gli altri, una voce che in qualche modo rappresenti la richiesta di più persone. Il miglior modo di iniziare una preghiera è renderla universale, è chiedere non solo la felicità propria, ma anche quella degli altri; (all delighted people) “Tutte le persone felici”. Se la propria voce diventa quella di tanti il proprio canto diventa un coro.

Una preghiera è un modo per provare a vedere chiaro in quel che si distingue appena (“Tomorrow you'll see Thought”) tra le paure e le fragili insicurezze della vita (“The clouded out disguises and the grave”, “And I took you by the sleeve / No other reason than to be leading your leading man”). Unico spunto, unica forza motrice che ci persuade ad affrontare le difficoltà è la speranza. Speranza che ci sia qualcosa di “altro” rispetto alla nostra immediata percezione, di più alto della nostra materialità e tendere le mani verso essa “All delighted people raise their hands”. A pensarci bene non è poi cosi strano che Sufjan Stevens per sentire più vicina a sé qualcosa che non si vede, non si tocca, non si odora, usi proprio la musica, arte e prodotto che non ha nessuna di queste proprietà, ma che al limite si “sente”.

La melodia è molto semplice, per niente strutturata, il ritmo estremamente lento, come se fosse una marcia che scandisce il tempo di un cammino. E sembra proprio che il percorso debba proseguire senza momenti turbolenti, ravvivato solo a tratti da inserti di cori, piano, violini, synth e fiati che si susseguono in modo imprevedibile. D' un tratto a 2:35 il climax inaspettato sul verso “I' m not easly confused”, li dove Sufjan rivendica la complessità della sua ricerca spirituale. Tutto ciò che prima era inserto in un tappeto sonoro monotono, ora diventa trama a tutti gli effetti. Allora parte elettronica, cori, fiati, archi e persino la voce di Stevens sono funzionali al crescendo. Già a 3:30 si ritorna alla melodia originale, i pochi accordi di chitarra ora risaltano più nitidamente nel momento più delicato del pezzo. Un momento di intimità e debolezza (“And the people bowed and prayed / And what difference does it make?”) che porta al dissolvimento di ogni struttura musicale e di ogni possibilità di comunicazione sulla parola “odio” (“The world surrounds us with its hate”): il demone da cui liberarsi, l' ostacolo da scavalcare per continuare la propria ricerca.

La canzone potrebbe finire qui, invece riprende la struttura iniziale, stavolta però a metà del percorso compiuto da Stevens, abbracciando ormai le proprie insicurezze, le proprie paure “Hello darkness, my old friend it breakes my heart”. Il coro non si dissolve più in un afflato rumoristico ma svanisce pian piano a 8:15 in un pizzicato di archi che si manifesta in tutta la sua leggerezza. E' nella leggerezza che la preghiera si risolve. Che importa se il mondo è un disastro? “And what difference does it make / If the world is a mess” l' unico modo per salvarsi è amare dal profondo del cuore “Oh! I love you a lot; Oh! I love you from the top of my heart” per permettere alle persone amate di scavare nella nostra parte più intima e vulnerabile: attraverso i nostri errori “you can see through my mistakes”. Spicca il fatto che l' amore non provenga dal profondo del cuore (bottom), bensì dalla sua superfice (top), quasi a volerne rimarcare la sua parte più nobile, sottolineare che i sentimenti che debbono prevalere sono i più puri ed a rimarcare un senso di ascesa verso l' alto che è un liet motiv fondante di tutto il brano.

Seppure questi gloriosi 11 minuti e 38 secondi danno adito ad interpretazioni nichiliste che segnerebbero una svolta nella poetica del cantautore americano, da sempre molto legato a temi cristiani, sancendo la fine della possibilità di rivolgersi ad un entità superiore, lo stesso Stevens ha affermato che la sua fede protestante col tempo è rimasta solida. Al contrario, a parere di chi scrive, ancora una volta Sufjan Stevens si fa cantautore dei buoni sentimenti della professione di amore nei confronti della vita come unica via per non lasciarsi morire “Suffer not the child among you or shall you die young when the world's come and gone”. Se le religioni sono la più grande psicanalisi di massa mai concepita dall' essere umano all deligthed people è la miglior parte musicale di questa terapia e c' è di certo che usciti dalla seduta ci si sente molto meglio.


Fabrizio Romano



Sufjan Stevens

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