sabato 9 aprile 2011

Calibro 35 - Sonorizzazione di Milano odia: la polizia non può sparare @ Cinema Perla 6.4.2011




Mi trovo seduto nella poltrona di un cinema di semiperiferia, aspetto inizi un concerto. Ecco, questa cosa, il fatto di trovarmi in un cinema per ascoltare un gruppo, non mi suona strana, non mi turba assolutamente. Sarà che guardo con piacere al rimodellarsi della musica, alla sua ridefinizione; è una cosa che trovo quanto mai necessaria. Non credo la musica si faccia negli stadi e nei palazzetti: lì domina quasi sempre lo showbiz. Quella che intendo come musica, quale modalità di espressione artistica personale, ha una caratteristica che è propria di un mondo ad essa lontano come la politica. Entrambe si fanno dappertutto, nascono, crescono, marciscono e, a volte, periscono tra la gente. Stasera la gente è un pubblico in attesa che scambia due battute sull’ultimo disco di Daniele Silvestri e dei Radiohead, che si lamenta dei problemi incontrati nello scaricare quello o quell’altro album nonostante Fastweb. Chiacchiere da bar, insomma. L’ambiente è disteso: anche qui è 6 aprile, ma non si celebra il processo al coito di Ruby. C’ero già stato al Cinema Perla per un concerto, ma l’aria era diversa; per certi versi posso affermare che i Calibro 35 hanno un pubblico sicuramente più sapiente. Tra me e me penso, memore dell’ottima acustica della sala, che è il posto giusto per sonorizzare uno dei film cult dei poliziotteschi italiani degli anni Settanta, Milano odia: la polizia non può sparare di Umberto Lenzi.

Sono circa le 22 quando si abbassano le luci, i Calibro salgono sul palco ed ha inizio la proiezione. Mentre scorrono le prime immagini, Rondanini batte insistente sulla grancassa e dopo poco entra l’organo di Gabrielli. L’avanguardia del funky jazz all’italiana accompagna la fuga della banda di Tomas Milian dall’inseguimento delle Madame con un trasporto sensazionale, facendo sussultare il pubblico ad ogni curva. La storia del film, fatta di omicidi efferati e scriteriati uniti al sequestro di una giovane donna, trova il partner ideale negli ingressi improvvisi e calzanti dei quattro protagonisti veri della serata, che rileggono le composizioni di Ennio Morricone per dare forma e sostanza alla tensione, alla paura, all’odio.

Enrico Gabrielli, senza dubbio l’elemento più peculiare ed eclettico della band, da vita al sax ed al flauto traverso mentre il commissario Grandi continua ad indagare sull’incredibile serie di crudeli uccisioni perpetrate da un folle malvivente. I Calibro si trovano nella nostra stessa posizione: con lo sguardo rivolto verso lo schermo, guardano il susseguirsi degli eventi.

In questa esperienza, il rapporto tra musica e cinema rivive i fasti del cinema muto. Le due forme di espressività artistica diventano assolutamente complementari, e l’una obbliga l’altra a mostrarsi nel suo vestito migliore. Per l’occasione i quattro sul palco sembrano indossare un elegantissimo frac, tanta è la brillantezza con la quale riescono a interpretare la trama sonora del film.

Dopo più di un’ora e mezzo, la morte di Guido Sacchi per mano dell’ormai ex commissario Grandi conclude il film e con esso la performance dei Calibro 35 che ricevono un lungo, meritatissimo, applauso da parte di un pubblico restato immobile ed in silenzio per l’intera durata della proiezione. Di fuori, vedo sorrisi stampati sui volti e i musicisti a chiacchierare con i fan. Felice e soddisfatto torno a casa con la mia compagnia, convinto che questo sia ciò di cui la musica ha bisogno. Qualità e facce pulite.

[Andrea Polidoro]





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