mercoledì 18 maggio 2011

In free download il nuovo ep di A Toys Orchestra: intervista a Raffaele Benevento.

Il nuovo ep dei Toys Orchestra si scarica da qui: http://soundcloud.com/a-toys-orchestra/sets/rita-lin-songs/


Midnight Talks è stato uno dei dischi italiani più apprezzati e diffusi del 2010. Il tour, che non ha mai vissuto lunghe interruzioni, è stato un successo strepitoso. Il Meeting delle Etichette Indipendenti di Faenza ha premiato A Toys Orchestra quale miglior band indipendente del 2010. Eppure, probabilmente, i quattro ragazzi di Agropoli, che da quasi due anni vivono a Bologna, non si reputavano ancora pienamente soddisfatti. Forse avevano ancora qualcosa di importante da dire, da far ascoltare. Saranno state queste le ragioni che li hanno spinti a registrare un ep di 6 tracce, Rita Lin Songs, che da oggi, 18 maggio, è in download gratuito per una settimana dal canale SoundCloud della band? Questo breve lavoro, che vede la partecipazione di musicisti di spessore quali Enrico Gabrielli, Andrea Appino degli Zen Circus e Rodrigo D’Erasmo degli Afterhours, contiene la cover di un pezzo fantastico dei Duran Duran, il remix di Plastic Romance, la versione italiana di Celentano e tre inediti. Proprio nei giorni in cui mi interrogavo sul perché di questa nuova pubblicazione, mi è capitato di incontrare Raffaele Benevento, membro fondatore dei Toys Orchestra, al quale ho chiesto se gli andava di concedermi un’intervista. Raffaele, con una gentilezza ed una disponibilità per nulla ordinarie, si è dichiarato favorevole e ci siamo quindi dati appuntamento per un aperitivo presso il locale con il quale collaboro qui a Bologna, lo Zammù.

Allora, Raffaele, cosa vi ha portato ad incidere Rita Lin Songs? Come spieghi, insomma, la scelta di pubblicare un ep, dal titolo forte, in questo momento della vostra carriera?

Il Ritalin, come sai, è un farmaco che veniva somministrato negli Stati Uniti ai bambini iperattivi: era un gioco di parole che piaceva ad Enzo (Moretto, cantante del gruppo, ndr) e quindi gli abbiamo dato questo titolo. La volontà che sta dietro all’ep è l’esigenza forte che avvertivamo di far ascoltare alcuni pezzi che venivano dalla session di Midnight Talks, infatti di questa possibilità se ne parlò subito. Abbiamo deciso di arricchirlo con una cover di una delle canzoni meno conosciute dei Duran Duran. La scelta è stata sempre di Enzo poiché riusciva a cantarlo con discreta facilità ed inoltre era qualcosa di molto diverso dal nostro modo di fare musica. Non è stato nemmeno troppo difficile, basti pensare che l’abbiamo provato per due giorni e poi l’abbiamo registrato.

E’ passato poco più di un anno dal vostro ultimo disco. In questo periodo non vi siete mai fermati,  siete stati in tournée pressoché permanente. Mi chiedevo, quando avete trovato il tempo per inciderlo?

Guarda, si tratta di materiale che era già quasi tutto pronto ma che non abbiamo mai eseguito dal vivo. Ad esempio, il remix di Plastic Romance era stato fatto già durante le fasi di registrazione dello scorso album e Noir Dance l’avevamo già incisa. Difficilmente scriviamo dei pezzi quando siamo in giro a far concerti: viviamo due momenti distinti e separati, quello della composizione e quello dell’esibizione.

La scelta della copertina, un differente art work dello stesso soggetto di Midnight Talks, vuole rappresentare la continuità con esso, se non addirittura esserne il corollario e quindi, forse, l’epilogo?

Certo, c’è una notevole continuità tra Rita Lin Songs e Midnight Talks ma non chiude nulla. C’è stata una tavola rotonda con i manager ed il booking, che sono anche nostri consiglieri, dove abbiamo concordato di registrare prima un nuovo album e, successivamente, di fare un ep. Il prossimo disco sarà la chiusura di questa nostra fase artistica; l’idea è quella di avere due lavori, per così dire, speculari: con le dovute proporzioni del caso, sarà il nostro Amnesiac.

La versione italiana di Celentano è la vostra prima canzone in italiano. Non so perché, ma la prima volta che l’ho ascoltata, ho pensato subito che fosse il frutto di qualche momento di cazzeggio in sala prove: uno sfizio, un divertissement. Mi allontano molto dalla realtà dei fatti?

E’ andata che la melodia è molto legata alla tradizione folk del nostro paese, e inoltre ha un titolo che va dritto al cuore di tantissimi italiani. Enzo era un pezzo che ci pensava a farne una versione in italiano, ma gli veniva difficile farlo. Poi, piano piano, aiutato anche da Appino, quello che era uno scherzo ha iniziato a prendere forma. Comunque, siamo tutti più affezionati alla versione inglese e, se dovesse ripetersi l’occasione di fare qualcosa in italiano, sarebbe molto più stimolante scrivere una canzone da zero. La voglia di cantare in italiano ci è venuta proprio da questo pezzo, dall’originale in inglese, ma ci piacerebbe magari comporre qualcosa di nuovo, senza essere ingabbiati all’interno di una melodia e di una metrica già costituiti. Inoltre, rappresenterebbe una bella sfida: scrivere canzoni in inglese è più semplice poiché puoi utilizzare anche il nonsense, in italiano questo non è possibile.

Dei tre inediti ve ne è uno, Noir Dance, che è meno legato a quella che potremmo chiamare la tradizione Toys, anzi sembra andare decisamente oltre. Vi si può intravedere una piccola anticipazione del prossimo disco?

Noir Dance è un pezzo che sarà contenuto nel prossimo disco, il quale sarà molto eterogeneo. Ci sarà qualcosa che viene fuori dal calderone di Midnight Talks e qualcosa di nuovo, di diverso. In questo senso, quindi, sì, si tratta di un’anticipazione.

A proposito del prossimo disco, in uscita ad ottobre per Ala Bianca e distribuito dalla Warner, noi di Sono Solo Canzonette pensavamo che, se pubblicherete qualcosa anche nel 2012, vi candiderete a tutti gli effetti ad essere gli omologhi italiani di Xiu Xiu, ovviamente per ciò che riguarda la mole di produzione artistica.

In realtà, noi in passato abbiamo rispettato sempre, senza volerlo, dei tempi fisiologici, infatti abbiamo pubblicato un album ogni tre anni dal 2001 al 2010. Dopo il prossimo disco, ed il tour che ne seguirà, sarà giusto fermarci un po’. Non siamo tipi da far uscire qualcosa, diciamo, così, tanto per farlo: siamo molto esigenti verso noi stessi, dobbiamo essere sempre contenti al 100% del lavoro svolto e vogliamo che la gente che ci segue sia felice.

La vostra è una storia felice: dal natìo Cilento siete giunti in breve tempo a ricoprire un ruolo di primissimo piano nella musica italiana. Secondo te, in che stato versa la musica in Italia?

Credo che l’Italia sia in ottima salute per quel che riguarda la creatività, ma è difficile fare il musicista di livello perché mancano le opportunità. C’è molta passione tra gli addetti ai lavori ma c’è poca gente ai concerti, se togli Vasco che riempie ogni volta stadi interi. La sensazione è che non si ripeterà più il periodo d’oro di Afterhours, Subsonica, Marlene Kuntz e Bluvertigo: quello è stato probabilmente l’ultimo periodo in cui le etichette puntavano sul mondo alternativo, adesso ci sono poche, piccole realtà a farlo. L’Italia è, artisticamente parlando, in grandissima forma ma mancano gli investimenti.

Rita Lin Songs sarà da domani (oggi per chi legge, ndr) in download gratuito dal vostro SoundCloud. E’ un aspetto che mi interessa particolarmente poiché sto curando una tesi sul diritto d’autore e sul file sharing attraverso l’analisi di alcuni casi nazionali. Personalmente vedo una netta separazione anche tra i musicisti del nostro paese: quelli che sono gli artisti mainstream, ad esempio i Marlene Kuntz, che hanno contratti con le major, le quali fanno una battaglia spietata alla diffusione via web dei contenuti delle loro opere, da una parte; dall’altra parte, invece, il panorama, chiamiamolo, alternativo che ha compreso le dinamiche attuali di una società globalizzata ed è più propenso a condividere ciò che crea, che produce. I Toys Orchestra fanno parte di questo gruppo: siete riusciti ad adattarvi, probabilmente in maniera naturale, ai tempi, comprendendo quanto sia fondamentale la presenza sul palco e la necessità di prodotti freschi da sottoporre al pubblico. Qual è la tua opinione personale al riguardo?

L’ep in free download per una settimana ha uno scopo ben preciso: vogliamo comprendere l’impatto che può avere, vogliamo che la gente possa ascoltarlo e quindi ci è sembrato naturale compiere questa scelta. Ci sembrava anche giusto nei confronti dei nostri fan, è quasi un ringraziamento a loro. In un anno abbiamo fatto cinque date a Roma che sono andate tutte benissimo: ecco, vedi, ora vuoi dare qualcosa a chi ti viene ad ascoltare? L’ep l’abbiamo fatto per le persone, per il nostro pubblico. Abbiamo pensato: facciamoglielo ascoltare, non proviamoglielo a vendere. Per quanto riguarda il discorso di “scaricare” materiale dal web, questo ha ovviamente i suoi pro ed i suoi contro: da una parte uno pensa che ci sta andando a perdere, dall’altra più persone possono ascoltarlo. L’unica via per far uscire dalla crisi il mercato discografico è abbassare il prezzo dei dischi. A causa di questo la gente non va nemmeno ai concerti: io e te ci siamo incontrati al concerto dei Mercury Rev (l’11 maggio all’Estragon, trovate sul blog anche il nostro report, ndr) dove c’erano 300 persone. Inoltre, c’è da dire che in passato chi lavorava per l’industria discografica era gente che seguiva un percorso artistico preciso, che lavorava per progetti a lungo termine. Adesso sono tutti manager, magari nel consiglio d’amministrazione della Virgin viene mandato qualcuno che fino al giorno prima lavorava presso la Carisbo o l’Unicredit: non capiscono un cazzo, sono persone che vogliono subito un profitto e che legano la musica soltanto a ragioni economiche. Ritornando al download, è senza dubbio il prezzo dei dischi ad incentivarlo. Perché sui libri c’è l’iva al 4% e sui dischi al 20%? Perché, non è cultura anche questa?

A Toys Orchestra non è un gruppo politicizzato, nonostante la scelta del free download contribuisca, in qualche modo, a collocarvi. Ecco, voi spessissimo, e chi vi conosce personalmente e vi segue anche sui social network come Facebook lo sa bene, fate dichiarazioni politiche a tutti gli effetti, però lo fate individualmente e non come gruppo. E’ una scelta di professionalità o c’è dell’altro?

In parte è una scelta di professionalità poiché rischi di cadere in una polemica continua, in parte a politicizzarsi sono i gruppi che cantano in italiano. Anche il nostro prossimo disco non è assolutamente politicizzato, ma racconterà alcune storie difficili che viviamo quotidianamente nel nostro paese. Noi, ovviamente, seguiamo la politica e siamo interessati ad essa, ma veniamo da una formazione musicale diversa e non ci siamo mai identificati con gruppi come, per fare un paio di esempi, Rage Against the Machine e 99 Posse. In realtà avverto l’esigenza di prendere una posizione netta perché credo sia giusto che chi ci segue conosca qual è il nostro pensiero, quali sono le nostre idee politiche. In Italia si è perso il pudore necessario per vivere in una società e ritengo che noi musicisti dovremmo fare qualcosa tutti assieme, ad esempio un festival, per parlare di politica liberamente ed in maniera trasparente.

Raffaele, la nostra intervista finisce qui. Ti ringrazio nuovamente per la disponibilità e ti faccio i migliori auguri per il futuro.

Di nulla, Andrea, grazie a te.


[Andrea Polidoro]

lunedì 16 maggio 2011

Danger Mouse & Daniele Luppi - Rome


Spaghetti Western all’Amatriciana



Danger Mouse, al secolo Brian Joseph Burton, è un musicista e produttore americano divenuto famoso in duo con il rapper Cee Lo Green con il quale, sotto il nome di Gnarls Barkley, ha pubblicato due dischi di grande successo. A questi ultimi ha collaborato anche Daniele Luppi, un compositore italiano che vive da dieci anni in California, ossia da quando la sua musica giunse, da Roma, alle orecchie di numerosi produttori statunitensi. Ed è proprio in quegli anni che nasce l’idea di registrare un album insieme. Rome, che esce oggi per l’etichetta Parlophone, è il frutto di cinque intensissimi anni di lavoro fianco a fianco. Un disco molto chiacchierato e atteso sin dall’annuncio ufficiale della sua pubblicazione per via sia della partecipazione di due stelle straordinarie della musica internazionale, quali sono Jack White e Norah Jones, che del clima di elevate aspettative create magistralmente da una campagna pubblicitaria e mediatica filtrata attraverso tutto lo scibile telematico. A destare in me la maggiore curiosità è stato senza dubbio questo nostro connazionale di cui fino a pochi mesi fa non avevo mai sentito parlare: la tradizione della composizione italiana, e il rinnovamento attuale dovuto all’ascesa di figure di grandissimo spessore come, ad esempio, Teho Teardo nel panorama mondiale, hanno di certo reso l’attesa per l’ascolto di questo lavoro molto più lunga e tediosa. Ma il tutto è stato ripagato con profumatissimi e armoniosi interessi.

Il disco di Luppi e Danger Mouse vuole essere la colonna sonora della Città eterna, è chiaro sin dalla traccia d’apertura, Theme of Rome manco a dirlo. In parole povere, se si vuole fare un processo alle intenzioni, fatelo subito. A, diciamo così, rappresentare l’Italia non c’è soltanto Daniele Luppi: tutti gli strumenti utilizzati, organo, percussioni e celesta oltre alla sezione ritmica e alle chitarre, vengono suonati da musicisti della nostra Penisola. Jack White arriva alla seconda canzone, The Rose with the Broken Neck, intenso canto solitario e sconsolato molto ben connesso a dei suoni delicati prodotti con pochi essenziali strumenti, senza eccessivi barocchismi. Il turno di Norah Jones, sensazionale a tutto tondo nel suo contributo, è alla quarta traccia, Season’s Trees. Questa esprime perfettamente l’approccio radicalmente nuovo ideato dai due musicisti per raccontare la primavera romana attraverso i suoi alberi di stagione. Non è Lando Fiorini, non sono stornelli di una Roma capoccia, sono sottili e dolci trame che dipingono su un pentagramma Villa Borghese in fiore. L’utilizzo degli intermezzi costituisce una forte scelta in direzione della fluidità, rendendo l’ascolto del disco molto scorrevole; è senz’altro sintomatico di un lavoro molto ben concepito ed elaborato. Questi intermezzi rappresentano il movimento, sono come un tram che attraversa le strade, i quartieri e le stagioni dell’Urbe. Two Against One e Black, messe in rete prima dell’uscita del disco, sono forse le uniche canzoni che potrebbero essere concepite come singoli. E’ un tutt’uno: storie d’amore vissute sul Lungotevere si intrecciano a descrizioni di momenti quotidiani, come Morning Fog e Her Hollow Ways. Roman Blue rappresenta un adattamento in chiave contemporanea di Morricone, i cui abbondanti e generosi semi sono sparsi un po’ dappertutto nei 35 minuti di durata dell’album. L’impostazione deve molto alla produzione morriconiana, ma la principale differenza è data da alcuni elementi che rendono il disco a tratti pop. Effettivamente, Morricone ha inventato questo modo di fare musica quindi è difficile, probabilmente impossibile, discostarsi molto da quel tipo di struttura. Il merito di Luppi e Danger Mouse sta nell’aver cercato di affiancarsi a quel tipo di produzione contribuendo ad un suo rinnovamento. Rinnovamento al quale, non è male ripeterlo, hanno partecipato in maniera del tutto fondamentale Jack White e Norah Jones, i quali rappresentano le uniche voci presenti su Rome.

Non so se questo lavoro riceverà il successo che merita, francamente poco mi importa. Credo possa senza dubbio costituire un momento di svolta sia per questo modo di intendere la musica che per il rinnovato interesse per il nostro Paese che susciterà tra gli addetti ai lavori. Insomma, Quid melius Roma?

[Andrea Polidoro]

P.S. Ecco di seguito il link per ascoltare l’album in streaming:

venerdì 13 maggio 2011

Mercury Rev @Estragon 11.05.2011








Soggezione. Guardare da pochi metri i Mercury Rev, per tutti gli appassionati di musica è come palleggiare con Federer per un giovane tennista svizzero o andare a fare una partitina con Tiger Woods per un giovane golfista. Ecco perché faceva particolarmente impressione vedere l' Estragon pieno, o vuoto dipende dalle prospettive, per metà, considerando sopratutto che tipi di concerti oggi riempiono gli stadi.
Per quel che concerne la scaletta si andava sul sicuro, eseguivano il loro capolavoro Pop del 1998: Deserter's Songs. Il senso di eseguire ordinatamente la scaletta del disco ha una doppia motivazione: da una parte, più che di musica, si tratta di una visione che ha un inizio, uno svolgimento e una fine; dall''altra rispecchia la tendenza di voler riscoprire integralmente i lavori che hanno fatto grande la musica rock. Se è una visione quella che realizza il gruppo statunitense allora tutto diventa diventa fluido, o meglio un flusso. Il basso non è funzionale al racconto e lo strumento superstite della sezione ritmica, la batteria, smarrisce pian piano la naturale funzione di tenere il tempo e concorre esattamente come gli altri alla realizzazione del flusso visionario che passa per le orecchie di chi ascolta: è una sorta di sinestesia musicale. Quello che ne risulta è un sogno fragile, la cui testimonianza più lampante è rappresentata dalla voce di Donahue, sottile, penetrante, quasi incerta, ma che trova la sua bellezza proprio nella capacità di stare sul filo del tono giusto, nelle piccole imprecisioni che rendono il racconto un po' più vero, un po' più reale.
Qualche errore da parte del fonico non rovina la nostra sensazione finale: quella di aver visto e ascoltato una parte della Storia della musica.

Fabrizio Romano
Andrea Polidoro

venerdì 6 maggio 2011

Recensione: Vinicio Capossela - Marinai, Profeti e Balene (2011)



Andrea Polidoro e Fabrizio Romano vi parlano dell'ultimo disco di Vinicio Capossela, uscito il 26 aprile 2011, facendovi ascoltare quelle che considerano le tracce più significative del doppio album del geniale artista nostrano. Buona visione e buon ascolto.


Sono Solo Canzonette - Suoni per l'orecchio destro di Van Gogh

giovedì 5 maggio 2011

Susanne Sundfør - The Brothel (2010)









L' avevamo detto e lo ribadiamo, la musica si và tingendo di rosa. Saranno le donne a condurci dal rock a qualcos' altro, anche se non si capisce ancora bene cosa. Mi era sfuggito, era sfuggito praticamente a tutti un album del 2010 di una certa Susanne Sundfør e l' abbiamo tralasciato colpevolmente, perché ci stavamo perdendo un gioiello.

Da dove sbuca fuori questa ragazza (classe 1986) che canta divinamente, in maniera sottile o piena a seconda dei casi, che mi ricorda cosi tanto quello di Joni Mitchell? Scopro che questo nuovo talento in realtà aveva già inciso un album e che viene dalla Norvegia. Non me ne sorprendo affatto. Oggi il Nord Europa pare proprio essere un centro musicale in grande fermento, basti pensare a un gruppo fondamentale come i Sigur Ros, ai meno conosciuti Mum, all' avanguardia dei Supersilent, o per andare inidetro di qualche anno senza spostarci dalla Norvegia ai Bel Canto e ai Royskopp.

Scandinavia terra di atmosfere sospese, di fiabe incantate, di atmosfere sognanti, se lo si vuole trasporre in musica: terra di Dream-pop. Ma non solo, non è da sottovalutare l' apertura mentale degli artisti che provengono da quelle zone, desiderosi di giocare, mischiare, azzardare, sperimentare. Allora agli incanti iniziali del vibrafono si sostituiscono le inquietudini dell' elettronica, come dimostra lo spiazzante duetto di brani posto a incipit del disco: The Brothel e Lilith. Prorpio quando credi di aver capito dove ti porti il disco Susanne ti sorpende ancora e nella successiva Black Widow è proprio la voce lo strumento che domina il brano, ti prende per mano e ti conduce nel suo mondo, prima di assesstarti un bel cazzotto in pieno volto con gli archi dissonanti di It' s all gone tomorrow. Il disco continua cosi, sorprendendoti ad ogni canzone, pur mantenendo uno stile compositivo di fondo, conducendo l' ascoltatore per sentieri impervi che solo un ottimo impianto stereo è in grado di reggere come nella gelida e macabra O Master, passando per le fantasie elettroniche di Lullaby e arrivando, infine, al capolavoro Father Father, il momento più teneramente lirico dell' opera.

Molto più di un esercizio di stile, molto più di uno sfoggio di capacità, in questo disco il pop, la lirica e l' elttronica si ritrovano coinvolte in un torbido ménage a trois in cui si scoprono diversi l' uno dall' altra e si fondono al contempo, creando qualcosa di meraviglioso, fragile, delicato, tanto evanescente da poterlo solo sfiorare, ma da cui è difficile non farsi attraversare.

Voto: 8
Troppo? Ascoltare per credere, o per contestare.

Fabrizio Romano

lunedì 2 maggio 2011

Panoramica veloce sul nostro nuovo canale


Ciao,
pensavamo fosse necessario dare qualche indicazione su tutte le nuove funzionalità che offre questo nuovo canale di comunicazione che abbiamo appena lanciato:

1 I POST
A centro pagina ci sono i post che settimanalmente verranno aggiornati. La funzionalità del post è la stessa che ha dato vita alla pagina facebook: condividere con voi quelli che, per noi, sono dei dischi validi ovvero criticare le uscite ingloriose;

2 IL CANALE YOUTUBE
Sul margine destro del blog troverete sempre aggiornato il nostro canale youtube dove verranno pubblicate tutte le videorecensioni dei dischi e le chiacchierate a tema fra i redattori della pagina che daranno a turno la propria visione dei fatti sulle tematiche musicali più varie.
IMPORTANTE NOVITA' del canale youtube sono le playlist. Questo mezzo serve per ovviare al problema di chi, come noi, quando si connette in cerca di bella musica si “rompe le palle” di stare a clickare in continuazione per cambiare brano; per questo vi proporremo con una frequenza meno alta dei post delle playlist da ascoltare mentre si “cazzeggia” o si “lavora” con il mac... ma anche con il pc : ) ;

3 IL FLICKR
La pagina flickr ha come funzionalità quella dare immediata consultazione e di raccogliere visivamente I DISCHI CHE MIGLIORANO LA VITA: una selezione di dischi che spaziano fra i vari generi musicali e che ci sentiamo di consigliarvi;

4 DITECELO VOI
Ditecelo voi è una rubrica che nasce dalla costante voglia di scoperta. Questa pagina serve a raccogliere tutti i consigli su brani musicali che vi sentirete di proporci. NON ABBIATE PAURA! Postateci di tutto anche i generi musicali più impensabili, unici requisiti: devono rispecchiare i vostri gusti musicali e devono essere brani che per le vostre orecchie siano molto più che un disco orecchiabile ovvero delle vere chicche!
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