Siamo nell' epoca in cui anche un cantautore come Jeans Leakman, il cui set dal è formato da voce, chitarra e batteria (stop), non rinuncia comunque ad avere al fianco un sintetizzatore, suoni campionati, a smanettare un pò con le manopole.
I Fleet Foxes, band statunitense molto apprezzata dalla critica, è una delle poche, se non l' unica nell' attuale scena pop/rock a salire sul palco con un set totalmente acustico, fatta eccezione per qualche timida chitarra elettrica che spunta quà e la in qualche pezzo. Della loro diversità hanno fatto la loro forza e in un raffinato lavoro di intrecci e sovrapposizioni hanno trovato la loro attualità.
E' per questo che vederli dal vivo lascia soddisfatti ma senza impressionare; da una parte salta subito all' orecchio che la loro bravura e il gioco di incastri non sia semplicemente dovuto ad un sapiente lavoro di studio, ma soprattutto ad una perfetta alchimia tra i componenti, dall' altra alcuni passaggi delicati e sottili virtuosismi sono destinati a perdersi tra lo strepitio della folla. Del resto in Italia, si sà, il pubblico è sempre caloroso.
Il concerto non inizia sotto una buona stella e nei primi tre/quattro pezzi i fonici fanno un pò di confusione: la batteria è preponderante ed oscura il resto degli strumenti, la voce principale è bassa ed il coro la surclassa invece di amalgamarsi in quegli impasti vocali che sono il loro marchio di fabbrica. Fortunatamente pian piano tutti trovano i giusti equilibri e subito si nota che Robin Pecknold canta infinitamente meglio ora nei live che nell' album di esordio, figurarsi rispetto all' Ep che li ha lanciati. Avere una scorta di pezzi meno intimisti e più movimentati aiuta il concerto a non avere cali, anzi, a proseguire in un crescendo, e sono proprio i pezzi come Ragged Wood a coinvolgere maggiormente ed a restituire qualcosa in più rispetto al disco.
Ma i Fleet Foxes dimostrano anche di saperci fare regalando nel bis un pezzo inedito e conservando per il gran finale quello che è il loro pezzo migliore, un vero e proprio gioiellino di armonia e ritmo: Helplessness Blues.
Fabrizio Romano