Alla notizia che Lou Reed era pronto a fare uscire il suo nuovo album scritto e suonato i Metallica ho pensato: "perfetto, ci siamo giocati anche lui". Si perché l' idea che oramai la vena creativa di Lou, alla soglia dei settanta anni, si fosse esaurita è passata per la mente di tutti e che il coinvolgimento di una band finita come i Metallica fosse un' operazione pubblicitaria fine a sé stessa lo si dava anche per scontato. Ascoltando i primi quindici secondi di ogni traccia usciti in anteprima in streaming il palmo della mia mano raggiungeva velocemente la mia faccia in un misto tra incredulità e compassione per quella che mi appariva come la tamarrata dell' anno, roba da fare imbarazzare anche quegli aitanti giovani che ballalano promiscuamente su MTV (beati loro).
Ecco, la lezione numero uno che impartisce questo disco è: mai sottovalutare Lou Reed.
La lezione numero due di questo disco invece è: ti aspetti un disco di Lou Reed e Metallica? Illuso! Ti ritrovi l' opera teatrale di Reed più compiuta dai tempi di Berlin (sarà un caso se la storia inizia sotto la porta di Brandeburgo?) e i Metallica che suonano sullo sfondo.
Insomma, questo disco bisogna prenderlo per quello che è: un' opera in cui Lou Reed si cimenta nella sceneggiatura, più che nella composizione, in cui la maschera ti invita a prendere posto nel loggione e assistere allo show.
Gli indizi per arrivare alla conclusione che questo disco ha a che fare più col teatro che con la musica sono troppi per non essere colti:
- L' idea originale nasce dalla trasposizione teatrale di Robert Wilson del personaggio di Lulu, femme fatale concepita dalla mente di Frank Wedekind
- Reed si avvicina al progetto concependo una colonna sonora da portare a teatro, ma poi cambia idea e pensa ad un disco
- Lou non canta (quel poco cantato è affidato a Hetfield), recita e usa lo spokenword in modo sistematico come, a memoria, non aveva mai fatto.
- L' impressione è quella di un' opera recitata dall' ex Velevet Underground con i Metallica alla colonna sonora.
- La lunga durata del disco, quasi pari a quello di una piéce.
- Siamo oltre il concept; è una storia che ha un' introduzione, uno svolgimento e una fine, una narrazione compiuta e completa come capita in pochi dischi di cantautorato, figurarsi in altri.
I testi di Reed fanno l' opera e la qualità della scrittura è impressionante per violenta raffinatezza e per disturbata eleganza. Lulu pian pian piano si trasforma in Lou, che racconta con sincerità il suo rapporto con i suoi affetti, da sempre turbato, ambiguo, oscuro, feroce.
Se é vero che ogni opera di uno scrittore è un pò autobiografica, forse, questa, per Reed scrittore, lo è un filo più delle altre "Desidero così tanto farti del male. Sposami. Ti voglio come moglie." (frustration) Illusione e disillusione, soddisfazioni e fatica, affidamenti e tradimenti di un Signore che ha sempre voluto scrivere e raccontare delle passioni e delle vite degli altri come nessun altro sà fare, e che alla fine si arrende a ciò che non sà capire: "Lascia che la luce delle stelle coli giù Come una candela in un beccuccio Lascia che lo stoppino si consumi e cada Lascia che la luce stellare s’irradi Perché mi tradisci? Perché mi tradisco? Perché mi tradisci? Perché mi disprezzo?Perché mando a cagare i miei sogni? È perché è così che va".(Cheat on Me"
Fabrizio Romano
Fabrizio Romano
E in che chiave interpreteresti "I am the Table"?
RispondiEliminaIntendi dire "I am the tablet", frase contenuta in The view? Io proprio in riferimento al contesto ed all' atmosfera del pezzo lo tradurrei come "pasticca" e non come "tavolo", elemento agente che disorienta i sensi.
RispondiElimina[fabrizio]